domenica 12 ottobre 2008

L'arcobaleno torna in piazza

partiti dell’ex Arcobaleno hanno superato il test dell’esistenza in vita. Gli organizzatori dicono di essere stati in 300mila al corteo dell’11 ottobre a Roma, la Questura dice 20mila, insomma qualche decina di migliaia di persone in piazza, tanto da far dire ai vari segretari che non si aspettavano una tale partecipazione. Per quanto Sinistra Critica avesse deciso di non aderire alla manifestazione – siamo stati presenti in piazza a raccogliere le firme sulla Legge popolare per 1300 euro al mese – non siamo così settari da non salutare positivamente la presenza di una forza che vuole contrastare, da sinistra, Berlusconi e Confindustria. Resta il problema, però, di capire quale sinistra sia realmente scesa in piazza e che tipo di contrasto, cioè di opposizione, questa sinistra è realmente in grado di costruire.
Le versioni ascoltate dai vari leader di partito, o di sottopartito – ognuno, ormai, ha una sua consistente minoranza interna che pensa l’opposto della propria maggioranza – non danno una risposta esauriente alla natura del progetto politico che fuoriesce dall’11 ottobre: chi parla di “costituente comunista”, in forma più o meno nostalgica; chi di “costituente della sinistra”, chi, come Ferrero, cerca un faticoso equilibrio avanzando l’idea di un “Coordinamento delle sinistre”. Insomma, una babele.
A unire tutti, però, è la natura e la collocazione immaginate dai vari protagonisti, non dissimili da quella che è stata la Sinistra-Arcobaleno (di fatto, quel “coordinamento delle sinistre” oggi avanzato da Ferrero). Insomma, la manifestazione di ieri non avanza la proposta di una nuova Sinistra Anticapitalista che sfidi il sistema in crisi e rilanci una fase nuova – si pensi al coraggio e al successo che sta avendo in Francia la proposta del Nuovo Partito Anticapitalista lanciata dalla Lcr in procinto di…sciogliersi – ma non fa che riproporre il già visto: una forza di sinistra, o un coordinamento, a sinistra del Pd, che però non rompe con quest’ultimo e che mentre oggi prova a ricostruire forza e compattezza dall’opposizione immagina poi di spenderle in una prospettiva di centrosinistra (anche per questo risultano ancora più incomprensibili le lezioni di anticapitalismo che quotidianamente ci fa il Pcl che ieri si è semplicemente accodato a questa situazione).
Un esempio? Mentre Rifondazione dà il massimo per la riuscita dell’11 ottobre e costruisce lì dentro una forte opzione identitaria-comunista, un suo dirigente, come il segretario dell’Emilia Romagna, sulle pagine di Liberazione scrive che l’uscita di scena di Cofferati a Bologna riapre l’opzione di un’alleanza alle elezioni amministrative con… il Pd. Lo stesso viene fatto in altri gangli essenziali del rapporto con il partito di Veltroni come la Milano di Penati o la Torino di Chiamparino e Bresso.
Questo è il profilo che, ancora una volta, emerge dalla piazza dell’11 aggravato, però, dalla cacofonia che offrono i depositari della manifestazione (cacofonia ben colta dall’editoriale de il manifesto) e dal respiro identitario che ha occupato le strade (se Bertinotti va contestato è per il disastro politico compiuto non per questa o quella frase “dal sen sfuggita” che riguarda il comunismo).
Questa contraddizione – che conosciamo ormai da quindici anni – ha come risvolto concreto un’idea del conflitto che passa innanzitutto per la sua rappresentazione simbolica – il corteo, la sfilata, le bandiere: anche qui, come negli ultimi quindici anni – restando giustapposto e parallelo al conflitto reale, ai soggetti reali. L’alternanza tra 10 e 11 è paradigmatica: di là gli studenti, di qua il “popolo della sinistra” che si ritrova e marcia su se stesso.
Ripetiamo, siamo contenti che qualcosa si muova e che Berlusconi non si ritrovi davanti un paese del tutto supino. E forse è anche positivo, in questa fase, che accanto al Pd voglia riemergere una forza di stampo riformista – togliattian-socialdemocratica – in grado di reggere l’urto. Ma tutto ciò non elimina la necessità di costruire un’opzione compiutamente anticapitalista, proprio mentre il capitalismo conosce una delle sue crisi storiche; e non ci risparmia dell’urgenza di animare un conflitto dal basso reale, imperniato cioè sul protagonismo dei soggetti in carne e ossa, a partire da lavoratori e lavoratrici.
E’ quanto ci proponiamo con il sostegno, convinto e determinato, allo sciopero del 17 ottobre che ci auguriamo possa aprire una fase ampia di mobilitazione a partire dalla scuola; è quanto cerchiamo di fare, nel nostro piccolo, con la campagna sul Salario minimo intercategoriale; ed è quanto cercheremo di fare nelle prossime settimane realizzando una discussione più avanzata all’interno della sinistra di classe per realizzare una piattaforma politica e sociale adeguata alla crisi.
Che cento fiori nascano: noi cercheremo di far nascere una nuova sinistra anticapitalista.

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