martedì 3 marzo 2009

LA CRISI LA PAGHINO LE BANCHE E I PADRONI, NON I LAVORATORI


Si è riunito il Coordinamento nazionale di Sinistra Critica che ha discusso la fase politica e la proposta da avanzare alle prossime elezioni europee. Approvato all'unanimità un documento politico complessivo, da cui scaturirà anche la proposta politica per il prossimo Congresso dell'organizzazione - la Costituente Anticapitalista - mentre a maggioranza (punto 10) è stato conferito un mandato al Gruppo operativo per verificare la possibilità di una lista anticapitalista alle prossime europee.
1. La crisi economica internazionale esplode ormai nella sua virulenza e drammaticità come avevamo pronosticato e contro tutti i tentativi di assicurazione indotti dai governi, in particolare quello italiano. E' una crisi sistemica ennesimo prodotto di un capitalimo che soffre di una crisi strutturale di accumulazione e che in assenza di nuovi sbocchi e di nuovi slanci si è rifugiato nella crescita a debito. E' proprio il livello spaventoso di capitale fittizio che grava sull'economia reale a comprimere in forme senza precedenti la ricchezza circolante. La svalutazione patrimoniale che prosegue senza sosta da oltre sei mesi è l'effetto di questo processo che si accompagna a una fase di recessione ormai prossima alla depressione e si aggiunge a una crisi di sottoconsumo delle masse popolari effetto della perdita di potere di acquisto di salari e pensioni. Il neoliberismo rampante, ideologia e politica che ha alimentato i meccanismi perversi di questo processo mostra il suo fallimento senza possibilità di appello anche se l'impianto neoliberista accompagna ancora le scelte di tutti i governi. Alla domanda "chi paga la crisi?", la risposta è oggi unanime: il mondo del lavoro, il precariato, le donne, i migranti. Certamente non le banche e le imprese che sono le uniche beneficiarie del ritorno all'intervento pubblico. Anche le cosiddette nazionalizzazioni sono l'ultimo tentativo di salvare un capitale che altrimenti va in fumo e di garantire azionisti privati dalla perdita di valore. In realtà siamo di fronte alla crisi manifesta di un sistema, quello capitalistico, che mostra le sue contraddizioni esplosive e promette, ancora una volta, un futuro di miseria e di distruzione. Anche perché la crisi si combina a una crisi ecologica di portata senza precedenti.
2. E' una fase drammatica quella che abbiamo di fronte e occorre rendersene pienamente conto. Questo ancora non è accaduto davvero nella consapevolezza della sinistra di classe. Senza una resistenza efficace, la crisi non si tradurrà solo in un impoverimento generalizzato, nella perdita massiccia di lavoro e di salario, nella compressione dei diritti sociali e civili, nella riduzione dei servizi pubblici o nella devastazione ambientale ma in un'occasione "preziosa" per assestare una sconfitta storica al movimento operaio e popolare. L'Italia del governo Berlusconi rappresenta un banco di prova formidabile: attacco al diritto di sciopero, al contratto nazionale, aumento dell'età pensionabile per le donne, criminalizzazione del lavoro pubblico, attacco a insegnanti e studenti, istituzione di uno "squadrismo di stato" con le ronde, alimentazione dell'odio xenofobo e della guerra "tra poveri", la propaganda sulla "sicurezza" la costante rimessa in discussione delle garanzie democratiche, sono tasselli di un'offensiva globale al mondo del lavoro e alla sinistra nel suo complesso. Il governo Berlusconi si costituisce come un compiuto "governo dei padroni" e della loro volontà di regolare una volta per tutte i conti con lavoratori e lavoratrici. Proprio nel momento in cui "l'antiberlusconismo" si sostanzia di una visione di classe e di una difesa sostanziale della democrazia, sembra invece venire meno. La comprensione della portata dell'attacco costituisce una precondizione per una risposta la più unitaria e forte possibile dal punto di vista del movimento di massa e della resistenza sociale.
3. Se le ricette neoliberiste mostrano il loro effetto fallimentare non si può dire che si vedano all'orizzonte proposte alternative, con l'eccezione dell'America latina. Nessun governo del mondo, nemmeno quello statunitense, ha finora imboccato una via di stampo neo-keynesiano in grado, sempre dal punto di vista del capitalismo, di dare una sterzata alla crisi. I progetti di intervento sociale sono per lo più limitati e caritatevoli, i diritti e i poteri reali del mondo del lavoro non sono accresciuti, la politica di redistribuzione del reddito appena accennata. La situazione è analoga in Europa o in Giappone: le vecchie politiche costituiscono la regola come mostra l'accanimento con cui si difende il Trattato di Amsterdam e di Lisbona in Europa, i parametri del Patto di Stabilità e il controllo dei deficit pur in presenza di una recessione dirompente. Non esistono alternative interne al sistema, per il momento, e comunque, dal nostro punto di vista, queste alternative, per quanto in grado di limitare i danni, non sarebbero comunque efficaci ad attutire gli effetti della crisi. Una politica alternativa, infatti, di fronte a una crisi epocale deve rompere la logica del capitalismo, promuovendo l'avvio di un processo di riorganizzazione sociale e politica in grado di produrre una rottura di sistema e una trasformazione sociale. E' quella che chiamiamo logica di obiettivi transitori.
4. Pertanto di fronte alla crisi è oggi indispensabile una gamma di obiettivi intermedi che affrontino l'emergenza e lavorino per un'alternativa di società:a) innanzitutto una vertenza generale immediata che difenda i posti di lavoro, i salari, le condizioni pensionistiche, i servizi sociali e le garanzie democratiche; innalzamento dei minimi salari a 1300 euro, salario sociale a 1000 euro, riduzione di orario di lavoro a parità di salario, diritto di sciopero, abolizione della legge 30, scala mobile, diritto alla casa;b) Alla domanda "chi paga?" la nostra risposta è netta: chi ha provocato la crisi, le banche, le imprese, il grande capitale. Per questo va introdotta una tassa Patrimoniale, la tassazione delle rendite finanziarie, l'eliminazione degli aiuti di Stato alle imprese, come il cuneo fiscale, una gigantesca ripartizione del reddito dal capitale al lavoro e un piano di diritti e di poteri per il lavoro salariato;c) la nazionalizzazione di banche e imprese è una misura ormai definita indispensabile dagli stessi capitalisti e dai governi. Ma quale nazionalizzazione? Un'effettiva nazionalizzazione, che deve essere messa in atto per quelle imprese che non garantiscono il lavoro o il salario, va realizzata sotto controllo operaio e popolare e con l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle masse popolari, non di salvaguardare i profitti.d) In questo senso la nazionalizzazione o, meglio, pubblicizzazione di alcuni gangli produttivi non può essere disgiunta da un piano di sviluppo ecologicamente compatibile e democraticamente determinato. Gli Stati generali del lavoro e dell'ambiente potrebbero rappresentare un primo passo per definire un piano collettivo, democratico e orientato socialmente;e) Un intervento pubblico massiccio, che costituisce una risposta possibile alla crisi, non può avvenire che nel pieno rispetto di compatibilità ecologiche rigidissime. Non serve la Tav o l'energia nucleare, ma le energie rinnovabili e un piano di riassesto idro-geologico del territorio, non servono i rigassificatori ma la riqualificazione ambientale di aree dismesse, non gli inceneritori ma la raccolta differenziataf) una riduzione drastica e generalizzata delle spese militari, con il ritiro delle truppe dai fronti di guerra, la riconversione civile dell'industria bellica
5. Se la crisi colpisce duro è anche per l'effetto politico determinato dalla crisi della sinistra compresa quella riformista. La socialdemocrazia internazionale è da tempo approdata ai lidi del social-liberismo e gli effetti sono evidenti nell'indistinguibilità dei suoi governi da quelli conservatori. Il fenomeno ha assunto un punto particolarmente acuto in Italia con la formazione del Partito Democratico la cui crisi però è verticale e si aggrava all'aggravarsi della crisi economica. La spiegazione è semplice: se l'obiettivo è governare il sistema per migliorarlo nel momento in cui questo non offre alcun margine di mediazione o di riformismo questa pretesa cade miseramente. La crisi viene governata da destre autoritarie e nazionalistiche e la sola alternativa è data da una trasformazione sociale radicale. Dopo il fallimento di Veltroni il Pd cercherà di aggiustare il tiro magari alzando i toni e mimando un'opposizione più netta ma non risolverà la sua contraddizione di fondo e la sua difficoltà obiettiva: non c'è spazio in Italia per quel tipo di riformismo in presenza di una destra rapace e onnivora e di un centro cattolico che presidia uno zoccolo duro di consenso. Sopratutto non risolve la sua crisi un partito che continua a non schierarsi sulle questioni sociali ed economiche: il silenzio del Pd sull'attacco al diritto di sciopero è esemplificativo.
6. Se il Pd persiste nella sua crisi, la Cgil vive invece una fase di opposizione anche se questa non rimette in discussione la concertazione. L'attacco del governo ai vari diritti e alla stessa Confederazione di Epifani spinge quest'ultima ad alzare le difese e i toni del suo discorso in funzione della propria sopravvivenza. Da questo punto di vista la Cgil svolge un ruolo positivo perché offre una sponda alla resistenza sociale. Ma questo non vuol dire che abbia risolto le sue contraddizioni o fatto i conti con i suoi errori. Se il governo può attaccare il diritto di sciopero è perché anche la Cgil ha permesso il varo della 146 e se Cisl e Uil possono fare da ruota di scorta di Berlusconi è anche perché la Cgil ha avallato e incarnato la concertazione di Stato di cui l'ultimo atto è il Protocollo sul Welfare. Partecipare alle iniziative della Cgil oggi - e noi aderiremo alla manifestazione del 4 aprile - non significa mettere il silenziatore alle critiche o tacere le divergenze. In questo senso, la nuova fase, che pure andrà verificata nel dettaglio a partire dai rinnovi contrattuali, non elimina l'esigenza di una piattaforma alternativa in vista del congresso Cgil.
7. La fase di crisi impone un salto di qualità anche al sindacalismo di base. Molto è stato fatto con la realizzazione del Patto di Base e comunque i e le militanti del sindacalismo di base rappresentano un esempio generoso di impegno in controtendenza con la crisi della sinistra. Nondimeno, di fronte alla crisi serve ancora uno sforzo: una effettiva unificazione, nei tempi e nei modi che rispettino le varie pratiche e culture, sarebbe oggi lo strumento indispensabile per agitare una massa critica adeguata a resistere alla crisi e a interloquire con le dinamiche della Cgil. Ma anche a rendersi strumento utile a una ricomposizione in avanti del movimento di massa. La manifestazione del 28 marzo, in occasione del G20, è un'occasione in questo senso e andrebbe colta per coinvolgere settori sociali tra loro diversi, costruire le condizioni per un "Patto unitario contro la crisi" in grado di rilanciare una stagione dei movimenti di cui si è vista una potenzialità anche al recente Forum sociale di Belém.
8. Ma la crisi della sinistra è innanzitutto la crisi della sinistra di classe, fenomeno particolarmente visibile in Italia. L'ennesima scissione del Prc dimostra la fine di ciclo di quel partito con l'esplosione di contraddizioni interne covate nel corso degli anni. Contraddizioni di cultura politica, di strategia, di democrazia interna. La sinistra oggi si presenta in forma di diaspora ed è difficile individuare un punto di partenza adeguato. Se da una parte una componente importante, come quella di Vendola e Bertinotti, sceglie di approdare definitivamente a una sorta di socialdemocrazia conseguente - con la formazione di una lista di Sinistra insieme ai socialisti e a Sd - da parte di Prc e Pdci si prosegue nell'autoaffermazione identitaria per coprire un'insufficienza analitica e programmatica. Una posizione autoproclamatoria inutile sul piano sociale e priva di respiro strategico la cui pretesa di riassemblare la sinistra di classe è non solo vana ma rappresenta persino un ostacolo a un nuovo inizio. Su un'altra sponda, il Pcl è prigioniero del suo settarismo che gli impedisce anche di valutare convergenze elettorali in grado di rappresentare un orientamento anticapitalista. Alla possibilità di liste comuni spesso, come in Sardegna, si preferisce nessuna lista.
9. Per quanto riguarda Sinistra Critica non abbiamo mai interpretato la nostra esistenza e il nostro progetto come risolutive della crisi. Continuiamo a pensare che Sinistra Critica sia uno strumento utile a resistere e a mantenere in vita una prospettiva di rilancio che oggi ci sembra quanto mai attuale. Per questo ribadiamo l'ipotesi di una "Costituente Anticapitalista" come processo aperto in grado di costruire campagne unitarie, fare i bilanci politici necessari, impostare una strategia comune per arrivare alla formazione, nei tempi adeguati, di un nuovo soggetto anticapitalista. Si tratta di un compito "storico" in grado di ricostruire una organizzazione adeguata di almeno tre ambiti sociali e politici diversi: militanti delusi e deluse della sinistra comunista che vogliono resistere e ripartire; militanti dell'anticapitalismo diffuso - associazionismo, sindacalismo di base, centri sociali - che hanno resistito, che non si sono illusi e che mantengono un grado di intervento sociale attivo: una nuova generazione politica che costituisce delle tre la componente decisiva anche se non facilmente aggregabile. Le coordinate essenziali di una Costituente sono quelle che abbiamo sempre indicato: l'alternatività al Pd e ai suoi governi e quindi una dinamica di opposizione sociale; un programma anticapitalista in grado di contrastare la logica di fondo del sistema; un'internità ai movimenti sociali in direzione della loro autoaffermazione e autorganizzazione; una cultura politica che integri l'anticapitalismo con l'ecologismo e il femminismo; una dimensione internazionale. La recente nascita del Npa in Francia, rappresenta più che un modello la prova che è possibile agire in questa direzione, superando vecchie appartenenze e scommettendo su un nuovo protagonismo politico.E' chiaro che si tratterà di un processo di medio-periodo, non risolvibile con scorciatoie o tatticismi e del quale, siamo consapevoli, non si vedono oggi le condizioni. Per questo l'esistenza, la costruzione, il rafforzamento di Sinistra Critica sono un valore prezioso e irrinunciabile.
10. Abbiamo proposto la costruzione di una lista anticapitalista alle europee come parte di questo progetto ambizioso. Diffidenze, gelosie organizzative, divergenze varie hanno finora reso impossibile discutere di questa dimensione. Eppure le europee rappresentano un passaggio che segnerà la fase successiva. Lo sbarramento al 4% introdotto in fretta e furia ha indicato quanto i grandi partiti sentano la prova elettorale e quanto questa potrà segnare un'ennesima sconfitta per l'intera sinistra di classe, uno scenario che certamente non auspichiamo. Per parte nostra rilanciamo l’ipotesi di una lista che, pur aggregando progetti diversi tra loro – e il nostro è l'opposto della Costituente comunista, identitaria e muta socialmente – sia sostenuta da un programma minimo e da un'utilità sociale e mantenga aperto uno spazio di costruzione di una moderna sinistra di classe.Il programma deve partire dalla constatazione che "La crisi la devono pagare le banche e i padroni, non lavoratori e lavoratrici" quindi da un’ipotesi anticapitalista di uscita dalla crisi e dall’articolazione di una dimensione sociale europea con una Carta dei diritti sociali, il rifiuto della guerra e delle spese militari, il rigetto di qualsiasi forma di razzismo e xenofobia, la difesa ecologica del territorio, la difesa a oltranza dei diritti civili contro qualsiasi ingerenza vaticana. Un programma minimo che non elimini i programmi specifici delle varie forze - Sinistra Critica si appresta a elaborare un programma con la Sinistra Anticapitalista europea.L'utilità sociale è data dall'apertura della lista ad associazioni e movimenti ma soprattutto dalla capacità di contribuire a una mobilitazione di massa e a una resistenza sociale unitaria.Un accordo elettorale per resistere alla crisi, dunque, che abbia alcuni requisiti minimi e un profilo complessivamente accettabile: una lista chiaramente alternativa al Pd e che quindi non si presenti allo scopo di ricontrattare un'alleanza politica a tutto campo; una lista che valorizzi "l'attività sociale" e non "il partito degli assessori"; una lista aperta, plurale, di genere; una lista che si doti di un "Codice etico" con il divieto di candidature che abbiano già cumulato due mandati elettorali dai Consigli regionali in sù e i cui candidati pongano un tetto all'indennità ricevuta (non più di 3000 euro) finanziando con il resto associazioni, movimenti, sindacati, giornali, comitati di lotta; una lista, infine, coerente sia pure tra strutture diverse e che si presenti non come un progetto annessionistico ma che, anche simbolicamente, rappresenti la sua pluralità e le sue differenze.Il Coordinamento nazionale dà mandato al Gruppo operativo nazionale di promuovere nei prossimi giorni degli incontri con la sinistra di classe politica, sociale e sindacale per discutere dell'utilità e della fattibilità di una simile lista e di provvedere comunque a tutti gli adempimenti e formalità per la presentazione autonoma di Sinistra Critica.Il coordinamento nazionale decide comunque che l'esito di questa discussione sarà sottoposto a una consultazione vincolante di tutta l'organizzazione attraverso la convocazione degli attivi provinciali degli iscritti al 2008 sulla base di una proposta elaborata dal Gruppo operativo e dal Coordinamento nazionale che quindi si riunirà quanto prima.
11. L'esigenza di una lista di classe per le europee non esaurisce la necessità di un chiarimento politico a sinistra e di una battaglia che andrà oltre la scadenza delle europee. Per questo il Coordinamento dà mandato a tutti i coordinamenti provinciali di realizzare, dove è possibile, liste per le elezioni amministrative alternative al Pd e ai suoi governi, con caratteristiche unitarie e plurali ma rigorose sul piano dei programmi e delle modalità di composizione della candidature.

Approvato all'unanimità (tranne il punto 10 approvato a maggioranza)

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