sabato 13 giugno 2009

Si chiude un ciclo, ora ricostruiamo una sinistra anticapitalista


Una prima analisi delle elezioni - Gruppo Operativo Nazionale

Le elezioni europee, e amministrative, si presentano come una conferma degli elementi di fondo che animano la società italiana ed europea. Progressiva sconfitta di una sinistra socialdemocratica compromessa con il sistema; tenuta della sinistra di classe ma anche sua avanzata piena quando riesce a intercettare nuove dinamiche sociali (Bloco portoghese, Npa francese); tenuta faticosa dei partiti dominanti che reggono l'urto della crisi ma non crescono in consensi e in egemonia (Cdu, Ump, Pdl); contestuale affermazione di partiti razzisti e xenofobi dai tratti pericolosi (compresa la Lega); affermazione generalizzata di forze politiche del tutto nuove, o percepite come tali, che rompono schemi consolidati e alludono a un rinnovamento della politica (Cohn Bendit, Di Pietro, Partito dei Pirati).

1. La grande sconfitta è l'Unione Europea che raccoglie l'adesione più bassa di voto dalla sua nascita (43%). Il progetto di unificazione non ha mai convinto (vedi referendum in Francia, Olanda e Irlanda) e tanto meno convince al tempo della crisi. L'Europa non è una formula economicamente conveniente per i suoi abitanti e le illusioni si rompono soprattutto a Est che invece avevano accolto il proprio ingresso nella Ue a colpi di feste in piazza. Si realizza così un evidente fallimento del progetto di una componente della borghesia continentale che invece preferisce cedere alle lusinghe di un neo-nazionalismo protezionista - vedi la vicenda Opel-Fiat - in cui le prestazioni migliori vengono offerte dai partiti popolari e conservatori. Di qui la tenuta di Cdu, Ump, Pdl o l'avanzata del Pp spagnolo. Fa eccezione il partito conservatore greco che però ha dovuto affrontare una sollevazione popolare.

2. La crisi del progetto europeo trascina con se i socialisti che non hanno un'alternativa valida da proporre e che non dispongono di una ricetta per uscire dalla crisi e la cui commistione con il sistema capitalistico si confonde più con le istanze liberiste e sovranazionali che con quelle nazionali ma dal sapore protezionistico. Il partito socialista europeo viene sconfitto nella sua linea strategica e l'unico in grado di reggere sembra quello spagnolo o un Pasok che ha appoggiato le mobilitazioni. Ma è un crollo di fondo che colpisce i pilastri della socialdemocrazia continentale: Labour, Spd e Ps francese. Di fronte ai conservatori che ricorrono all'intervento statale per salvare le imprese i socialisti si preoccupano di salvaguardare i princìpi del liberismo; la rottura con gli interessi materiali dei lavoratori si nota in tutta la sua evidenza e produce una sconfitta di grandi proporzioni.

3. Questa situazione, la profondità della crisi e il suo impatto sociale, la demoralizzazione che ne deriva, l'assenza di un movimento europeo che coinvolga il movimento operaio - eclatante il silenzio del settore Auto - o di movimenti sociali in grado di segnare l'agenda europea, contribuiscono a spiegare il voto alla destra razzista che agisce su popolazioni e su settori di lavoratori atomizzati, ripiegati su se stessi, indifesi e incattiviti dalla crisi. Il caso olandese e austriaco si pongono all'avanguardia ma non va sottovalutata la crescita di consensi alla Lega nel centro Italia e addirittura nel Lazio. Un voto di opinione a favore dei respingimenti e di una linea "coerente" contro i migranti si afferma sempre più.

4. La sinistra alternativa tiene, a eccezione dell'Italia e della Spagna. Va bene quando assume posizioni coerenti con il 10,7% in Portogallo al Bloco o il 5% in Francia al Npa o, ancora, il 4,7% alla greca Syriza oppure quando conserva i suoi bastioni come nel caso del Pc portoghese al 10,6%, il Pc greco all'8,3, il 7,6% per Die Linke e il 6,3% per l'alleanza francese tra il Pcf e i fuoriusciti dal Ps (che fremono però per rientrare, vista la crisi verticale dei socialisti). Da segnalare anche il 7% al Ps olandese, di difficile collocazione. Una tenuta che non beneficia a fondo dell'arretramento socialdemocratico - vedi Germania o Francia - e che appare priva di una progettualità sul piano direttamente europeo. Il Partito della Sinistra politicamente non esiste più e nel formando Gruppo parlamentare della sinistra unita (Gue) continueranno a convivere correnti e progetti molto diversi: quello comunista-ortodosso, quello nordico, quello della Sinistra europea e quello anticapitalista.

5. In Italia, Berlusconi non sfonda nel paese, l'astensione lo penalizza portandogli via 3 milioni di voti rispetto alle politiche. Il suo governo non convince, non trascina un blocco che vive contraddizioni pesanti, in particolare al Sud dove avviene l'emorragia più pesante. Semmai premia la Lega anche se il balzo percentuale è soprattutto frutto della diminuzione dei votanti. In termini assoluti Bossi e i suoi conservano intatto - ed è comunque un successo - i loro 3,1 milioni di voti con un significativo allargamento dei consensi in Emilia Romagna, nelle Marche e anche in Toscana.
La crisi sociale, gli scandali sessuali, una effettiva delusione verso un governo che ha solo peggiorato le condizioni di vita dei lavoratori si fanno sentire anche se il successo della Lega, unica formazione xenofoba al governo in un paese dell'Unione può acuire l'aggressività del governo e renderlo ancora più pericoloso per i lavoratori chiamandoli a una necessaria mobilitazione.

6. Chi fa il vero balzo è Di Pietro che dal 1,5 milioni di voti del 2008 passa a 2,45, affermandosi come il vero vincitore di questa tornata. Di Pietro beneficia di voti Pd (ma anche di voti che provengono da Pdl e Lega) e sfrutta il sentimento dell'antipolitica che agita l'Italia da alcuni anni. Un fenomeno poco rilevante ai fini del conflitto di classe, ma interessante come coagulo di un voto di protesta e di opposizione che va tenuto d'occhio e al quale occorre imparare a parlare.

7. Infine, mentre Casini mantiene un pacchetto stabile di circa 2 milioni di voti prevalentemente al Sud e in Sicilia - con una politica del centro che inizia a scontare i suoi limiti - assistiamo a un Pd che perde 4 milioni di voti rispetto allo scorso anno ma che, paradossalmente può dirsi soddisfatto. Il crollo, in effetti, è minore di quanto si era fatto credere tramite i sondaggi e in parte mitigato dal fatto che i voti persi dal Pd si dirigono verso aree limitrofe: circa 900mila a Idv, 600mila a Sl e Comunisti, oltre 2milioni all'astensione. Franceschini tiene quindi in piedi la baracca ma non risolve nessuno dei problemi esistenti comuni al resto dei centrosinistra europei: nessuna seria alternatività ai conservatori sul piano delle ricette economiche, uno scollamento progressivo con la vita e gli interessi dei lavoratori, un gruppo dirigente screditato e quindi un progetto muto socialmente. La stessa politica delle alleanze è stretta tra un'area, Rutelli e altri, che guarda all'Udc, un'altra, i prodiani, la sinistra, che pensa alla vecchia Unione e la corrente daleiana che pensa invece a un centrosinistra omnicomprensivo. Opzioni diverse e difficili da "amalgamare".

8. A sinistra si chiude - come abbiamo più volte indicato - definitavamente un ciclo, quello della rifondazione comunista. Entrambe le liste dei Comunisti e di Sinistra e Libertà non superano il quorum, anche se insieme totalizzano quasi due milioni di voti cioè oltre 500mila in più della somma tra Arcobaleno e Socialisti alle Politiche dello scorso anno e il Pcl di Ferrando, con la sua lista mantiene nella sostanza il proprio voto di riferimento, migliorandolo in qualche realtà ma restando nei recinti dell'inefficacia politica. Le sinistre pagano il prezzo degli errori del passato e la miopia politica. I gruppi dirigenti hanno appeso le proprie sorti al Quorum e ora hanno pochi spazi di manovra anche se, paradossalmente, chi si muove più agilmente è l'ala vendoliana che incassa la legittimazione del suo leader. Un'ipotesi unitaria dei due tronconi è fortemente plausibile anche perché Rifondazione, con l'abbraccio mortale al Pdci e al continuismo dilibertiano, ha pagato un prezzo altissimo inibendosi la possibilità di uno scarto a sinistra e di un nuovo inizio.
Resta il paradosso di un voto a sinistra ampio, circa 2 milioni di voti, affidato a gruppi dirigenti fallimentari, che hanno sbagliato molto e che continuano a sbagliare.

9. Sinistra Critica, alla luce dei risultati, rivendica la scelta di essersi tenuta fuori dalla competizione per le europee e di non aver partecipato alla conta degli sconfitti. Una scelta sofferta ma comunque utile ai fini del rilancio di una proposta politica che costituirà l'asse del nostro imminente congresso. Una scelta, tra l'altro, per nulla gratuita visti i risultati ottenuti alle amministrative dove Sinistra Critica conferma, e in molti casi supera di molto, i risultati delle scorse politiche. La conferma è molto faticosa nelle principali città - Torino, Milano e Napoli - dove si presentavano quattro o cinque liste "comuniste" contemporaneamente e dove comunque Sinistra Critica regge la propria presenza - come a Casoria in provincia di Napoli - mentre nel resto delle province si assiste a risultati importanti: 1,7% a Rimini (2% a Riccione e 8% a Misano), 1,3 a Livorno (e in città la coalizione sostenuta ottiene il 9%); 6% nel comune di Calcinaia a Pisa; 1,2 a Perugia (con la coalizione a Bastia che supera il 5%); 0,8 a Terni che diventa l,1,5% a Orvieto e il 2% in comuni limitrofi; 0,6% a Rieti che diventa il 3% in Sabina, 0,8% ad Aprilia. Risutati modesti che però indicano una presenza e una capacità politica. In grado di impegnarsi nel sostegno alla lista "Bologna città libera" che ottiene l'1,6 a Bologna o di sostenere a Firenze la lista De Zordo che ottiene oltre il 4%. Un bene prezioso per continuare l'azione di resistenza che il quadro politico ci consegna.
Ci troviamo quindi a valle dell'ultimo episodio di una sconfitta lunga che chiama in causa un vasto gruppo dirigente (a questo punto farsi da parte sarebbe davvero molto dignitoso) e che pone sul serio la partita di una ricostruzione politica e sociale.
Serve un nuovo progetto di ricostruzione della sinistra anticapitalista che affronti sul serio e non di sfuggita nodi importanti. Non ci interessa un improbabile "coordinamento delle sconfitte" né una discussione di sigle, contenitori e di nominalismi. Pensiamo sia venuto il momento di una vera discussione pubblica, seria, approfondita, aspra, che prenda il tempo necessario per questa ricostruzione, che è soprattutto sociale. E' il tema del nostro congresso e che poniamo all'attenzione della sinistra tutta.

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