mercoledì 30 dicembre 2009

Orgoglio e pregiudizio


SOMMARIO DEL N. 36

EDITORIALE
L'89, un crollo che veniva da lontano (Antonio Moscato)

PRIMO PIANO
Un'organizzazione per costruire la sinistra (Gigi Malabarba)
La mozione conclusiva del congresso di Sinistra Critica

TEMPIMODERNI
Cgil, il congresso della crisi (Andrea Martini)
Nessuno resti solo. Nessuna resti sola (Nando Simeone)
Liberiamoci della Gelmini (Collettivi universitari della Sapienza)
Stefano Cucchi la punta dell'iceberg (Checchino Antonini)

FOCUS
L'esercizio del potere sui corpi e sul sesso (Cesare Di Feliceantonio)
La voce soffocata dal clamore (Intervista a Poporpora Marcasciano di Tatiana Montella)
Temporaneamente tua: una lucida analisi sul sex work (Antonella Vitiello)

IDEEMEMORIE
1989. L'impossibile autoriforma (Antonio Moscato)
Leggere Marx nel presente (Marco Bertorello)
Withe Christams (un racconto di Luciano Rondine)
Libreria-recensioni, analisi, commenti

CORRISPONDENZE
Note sulla situazione internazionale (Francois Sabado)
Afghnistan. A che punto è la guerra (Piero Maestri)

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L’affaire Marrazzo e la “brava gente”

«Orgoglio e pregiudizio», l'ultimo numero di Erre dedicato al rapporto tra sesso e politica, al controllo dei corpi, alla strumentalizzazione dei, delle trans. L'articolo di apertura del dossier dedicato proprio alle vicende dell'ex presidente della Regione Lazio


di Cesare di Feliceantonio
Venerdi 20 novembre, nel cuore della notte, proprio in occasione del Transgender Day of Rememberance, la giornata dedicata a tutte/i le/i trans uccise/i dall’odio transfobico, un altro nome si aggiunge a questa lista inquietante: Brenda. Questa morte, però, porta con sé un richiamo mediatico sconosciuto a tutte le numerosissime vittime della violenza transfobica, vittime anonime di cui non viene data notizia, salvo qualche rara eccezione in cui, però, non ci si degna nemmeno di fare attenzione all’identità di genere della persona in questione. I soggetti trans nel nostro Paese sono condannati all’invisibilità più totale, relegati ai marciapiedi di anonimi stradoni di periferia, colpevolizzati per il proprio percorso e nella maggior parte dei casi anche per essere nati nel posto sbagliato del pianeta, ossia clandestine/i illegali. È proprio quest’invisibilità che rende i soggetti trans troppo facilmente ricattabili, esposti alle violenze, perché impossibilitati a rivolgersi ad un’autorità che li espellerebbe o li chiamerebbe con un nome che essi hanno rifiutato. Ma Brenda è evidentemente un’eccezione. Attenzione, però, a credere che l’eccezione sia dovuta ad un reale interessamento per la condizione delle persone trans, per il loro lavoro, per la loro mancanza di diritti e riconoscimento. Brenda è sulla prima pagina di tutti i quotidiani ed è la notizia di punta di tutti i tg non certo per il modo in cui è stata uccisa, ma soltanto perché ha risvegliato l’appetito pettegolo più bieco del nostro Paese. La curiosità sulla sua strana morte è legata tutta al caso Marrazzo e la curiosità al caso Marrazzo è legata tutta al “vizietto” del Presidente. Ecco infatti che da quando è scoppiato questo “scandalo”, improvvisamente i salotti tv si sono ricordati delle persone trans, ma ancora una volta solo per soddisfare le curiosità più basse dei telespettatori; la domanda più diffusa “ma cosa ci trovano gli uomini nelle trans che non trovano nelle donne (vere)?” (purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi nemmeno l’accortezza di usare l’articolo femminile). L’intera campagna mediatica dell’affaire Marrazzo è stata centrata sugli stereotipi più banali che ruotano attorno all’universo trans (l’associazione diretta e mai problematizzata col sex work, guadagni elevatissimi, la tossicodipendenza e l’alcolismo a rafforzare l’immagine di devianza) e sulla domanda che più di tutte tormenta la gente: “Ma Marrazzo lo prende nel culo?”. Perché è intorno a questa domanda che ruota tutta la curiosità, la stessa che era stata già manifestata due anni fa quando l’autovettura dell’allora sottosegretario Sircana dell’Udeur fu fotografata mentre fermava una trans. Anche in quell’occasione i media non sottolineavano certo l’ipocrisia politica del personaggio quanto soltanto i suoi “bizzarri” gusti sessuali. Allo stesso modo, per difendere il Presidente della Regione Lazio dalla “vergogna” che lo ha portato a ritirarsi in un convento, si è cercato di spostare l’attenzione sul ricatto che lo stesso avrebbe subito per evitare che fosse resa pubblica la notizia del suo “vizietto”. L’affaire Marrazzo ci mostra in tutta la sua chiarezza l’ipocrisia della cultura che regge il nostro Paese, quella cultura del “tutti lo fanno ma nessuno lo dice” che porta al rilancio del gioco “indovina chi sarà il prossimo ad essere beccato”, alimentando la spirale del pettegolezzo più volgare. Ovviamente il pettegolezzo riguarda sempre e solo l’altro, perché come ha scritto Porpora Marcasciano sul Manifesto, << mi sarebbe piaciuto rivolgere agli italiani la seguente domanda: di chi sono tutte quelle macchine che di sera, e non solo, si aggirano nelle strade in cerca di acquisti? Chi consulta le migliaia di annunci che ogni giorno compaiono su giornali e siti? Chi sono i clienti? Basterebbe un veloce sondaggio per scoprire che gli italiani alla domanda in blocco rispondono sicuramente non mio figlio, né mio padre, né mio marito, né il mio fidanzato!>>
Questa cultura del “trasgressivo”, dell’identità deviata è senza dubbio la prima causa dell’invisibilità dei soggetti trans, invisibilità rafforzata poi dal Pacchetto Sicurezza e dalla legge Carfagna sulla prostituzione. L’invisibilità dei soggetti trans, giustificazione delle violenza a carattere transfobico, si scontra con il tentativo ipocrita di normalizzare gli stessi per farli sentire ben accetti. Ecco quindi che il trans FtM al Grande Fratello viene accolto da grandi abbracci e da un vero e proprio battesimo di “virilità” tra veri maschi. Non poteva certo mancare l’apprezzamento per la compostezza e la mancanza di “volgarità” da parte di una superopinionista come Irene Pivetti, come dire che non sono ben accette solo le/i trans che girano nude/i o comunque troppo riconoscibili, turbando quindi il quieto vivere della “brava gente”. Si tratta senz’altro della stessa “brava gente” che siede nel nostro Parlamento e, all’indomani dell’elezione di Vladimir Luxuria nel 2006, si chiedeva sconcertata sui giornali che bagno avrebbe scelto la deputata trans, ritenendo “inopportuna” la sua “presenza” nel bagno delle signore. La stessa Luxuria che, per ottenere il consenso alle elezioni e diventare un’icona tv vincendo il reality più trash d’Italia, ha dovuto completamente “ripulire” la propria immagine da abiti o linguaggi “esagerati”. Quest’ultimo è solo un esempio di come lo stigma che la società imprime sui corpi dei soggetti trans porti gli stessi ad interiorizzare gli stereotipi dominanti sul genere ed i ruoli sociali di genere.
Ma l’affaire Marrazzo non ci parla soltanto dell’ipocrisia dominante nel Paese; ci racconta anche una storia ben più complessa e di lunga data, ossia quella del rapporto tra potere politico o sociale che sia, e sesso, cioè i corpi dei soggetti oppressi. Quest’oppressione può essere legata ad un’identità di genere altra, come nel caso del Presidente della Regione, oppure può essere legata al dominio sociale sul corpo delle donne. In questo senso, le analogie con i festini del Presidente del Consiglio non mancano, anche se i soggetti su cui è esercitata l’oppressione sono differenti. Lo “scandalo” legato alle avventure sessuali di Berlusconi, seguito alle accese polemiche sulle candidature del Pdl alle europee, mostra la considerazione del Presidente per le donne ed i loro corpi, ridotti a merce che non viene scambiata con denaro fisico ma con incarichi pubblici (ministeriali, parlamentari o locali) o favoritismi e comparse in tv ed al cinema. L’avvenenza fisica delle donne in questione ha portato non solo alla loro ascesa, ma soprattutto a rafforzare l’idea di virilità e mascolinità dell’uomo che ha potere (la stessa idea che accompagna nei salotti tv il ricordo di Benito Mussolini). Cosi saremmo disposti a scommettere che almeno tre quarti degli uomini italiani, di fronte alle avventure di Berlusconi, hanno pensato “beato lui che se lo può permettere”, a conferma del rapporto di potere tra i sessi che caratterizza la nostra società. Rapporto basato sullo scambio tra corpi femminili e poteri maschili, tra sesso e soldi, favori sessuali e politica. In quest’ottica, la politica delle pari opportunità portata avanti dalle destre, ma anche da gran parte della sinistra, non assume altro che i caratteri di una concessione fatta dal potere (maschile) all’oppresso (femminile) in cambio di qualcosa. Ma in cosa consiste precisamente questo qualcosa? La risposta consiste sicuramente nell’interiorizzazione da parte delle donne di quei modelli che il potere maschile costruisce per loro, modelli che ci parlano delle donne come soggetti sensibili, deboli da difendere.
Il rapporto del potere con i corpi delle persone trans che ci viene raccontato dalla vicenda Marrazzo si pone su un contesto differente rispetto a quello degli “scandali” sessuali del premier. Infatti, il potere maschile sui corpi femminili si inscrive in un rapporto dicotomico tra i sessi/generi, mentre l’affaire Marrazzo riguarda l’oppressione su corpi che sfuggono al modello dicotomico, problematizzando i concetti di sesso, identità di genere, identità sessuale, orientamento sessuale, investendo quindi le mina della società nel suo complesso come (non) la conosciamo. È proprio perché mettono in discussione le fondamenta della costruzione sociale delle singole identità che i soggetti trans vengono tagliati fuori da ogni riconoscimento sociale che dia loro dignità e diritti. L’unico lavoro adatto a questi soggetti “deviati” è quello ritenuto socialmente più abietto, ovvero il lavoro sessuale, a cui, però, rivolgono evidentemente la propria domanda numerosi consumatori “perbene”, desiderosi di (ri)affermare concretamente il proprio potere economico (legato al denaro) e sociale (il dominio del soggetto “normale” su quello “deviato”). Nella società caratterizzata da questi poteri, i media, che tanto parlano di trans dopo l’affaire Marrazzo, non possono che fornirne una visione stereotipata dei soggetti “deviati”, prestando bene attenzione a non dare loro riconoscimento con il linguaggio, usando l’articolo legato al loro sesso biologico, dimostrandosi ancora una volta lo strumento per eccellenza del potere, a suo esclusivo uso ed appannaggio.

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