martedì 16 marzo 2010

Cremaschi: "Alla Cgil serve una rifondazione democratica"



"Mi candido a segretario della Fiom ma spero non ce ne sia bisogno e che sia l'intera Fiom ad animare un'Area programmatica di opposizione interna. La Cgil ha bisogno di nuove regole e di una effettiva "Democrazia Sindacale". Anche ricorrendo alle primarie per l'elezione del segretario generale".Intervista al leader della Rete 28 Aprile

di Salvatore Cannavò
“Una candidatura “politica” perché politica è la battaglia che riguarda il futuro non solo della Fiom ma dell’intera Cgil”. Questo è il senso che Giorgio Cremaschi, segretario nazionale uscente della Fiom nonché leader della Rete28Aprile, la piccola componente rimasta a presidiare la sinistra sindacale, dà all’autocandidatura alla segreteria generale del sindacato metalmeccanici. Cremaschi questa proposta l’ha già ufficializzata da diverso tempo. In questa intervista al Megafonoquotidiano la spiega meglio e soprattutto la colloca in una battaglia complessiva che guarda al futuro della Cgil. “Non si tratta di una collocazione individuale, anzi se devo dirla tutta è una candidatura che io spero non sia necessaria, che spero di ritirare perché vorrei che fosse l’intera Fiom a recepire la piattaforma politica che la sottende”. Le notizie di corridoio, non ancora ufficializzate, parlano però di una ipotesi Landini, “rinaldiano” di ferro per il dopo Rinaldini. E quindi? “A me l’ipotesi Landini può andare senza dubbio bene a condizione che ci sia un accordo politico. E non mi si venga a dire che per “il bene dell’organizzazione” il dibattito interno al gruppo dirigente debba rimanere nascosto; per “il bene dell’organizzazione” si sono compiuti dei disastri e quindi stavolta abbiamo bisogno della massima trasparenza e di un dibattito alla luce del sole”.Vediamoli dunque i punti di fondo che Cremaschi chiede alla “sua” Fiom e che sostanzieranno la propria candidatura alla segreteria. “Il punto – ci dice – è molto semplice: si tratta di decidere se la Fiom cede al “riflusso” post-congressuale, si chiude nella propria categoria o se invece ingaggia una battaglia generale, di opposizione interna alla maggioranza e alla sua linea di rientro nell’alveo della politica sindacale delineata da Cisl e Uil. In altre parole se è d’accordo a mantenere in piedi la “Cgil che vogliamo” come Area programmatica, e quindi di dissenso, con al centro le lotte sociali e con avversario il nuovo sistema contrattuale”. Una prospettiva che secondo Cremaschi è obbligata perché ci sarà da rinnovare il contratto dei metalmeccanici e se la Fiom vuole fare sul serio non può pensare di abbassare i toni in casa Cgil.“Il punto chiave del congresso – continua Cremaschi – è che ci ha indicato due modi di fare e di essere della Cgil: concepire il no all’accordo contrattuale come un incidente di percorso da recuperare con accordi di categoria che vanno nello stesso senso anche se forniti di qualche foglia di fico, peraltro generalmente apprezzata dalla Confindustria; o se invece dire no a questa linea, rilanciare una Cgil di lotta, con una piattaforma adeguata alla crisi e capace di rimotivare il protagonismo dei lavoratori e instaurare una vera democrazia interna”. Il problema delineato da Cremaschi, ovviamente fa i conti con il risultato congressuale. La seconda mozione ha infatti ottenuto un risultato al di sotto delle aspettative – il 17% circa – anche se consistente in termini “assoluti”, pari cioè a 310 mila voti. Questa situazione ha comportato la perdita della maggioranza nell’altra grande categoria, la Funzione pubblica che, insieme alla Fiom e alla Fisac (bancari) aveva dato vita al documento alternativo. Una sconfitta bruciante che si farà sentire nelle scelte future. Gestire una linea di “minoranza” controllando le due più grandi categoria è una cosa, avere a disposizione solo la Fiom è un’altra. “Va detto però, avverte Cremaschi, che del milione e ottocentomila voti complessivi (1,5 milioni alla maggioranza e 300 mila alla minoranza, ndr) circa 500 mila sono contestati e per questa ragione la minoranza non riconoscerà i dati del congresso. Se guardiamo alla Cgil degli iscritti la mozione 2 conta circa il 30-35%; sulla Cgil delle tessere siamo invece al 17%. Quindi la forza politica dell’opposizione c’è e si basa anche sulla forza dei suoi militanti disponibili a una battaglia politica; a condizione di volerla condurre. Anche perché io penso che l’alternativa a questa scelta sarebbe solo l’andata a casa”. Insomma la “realtà oggettiva” depone a favore di una continuità della lotta e dell’opposizione in contraddizione con “l’inerzia della burocrazia” che invece può tendere a rientrare nei ranghi.Cremaschi e la Rete28Aprile avanzeranno questa proposta all’assemblea della “Cgil che vogliamo” che si tiene a Roma sabato prossimo: “Divenire Area programmatica per continuare la battaglia politica, tendenzialmente di opposizione e fare in modo che i primi interlocutori siano i propri compagni di viaggio nel senso che le grandi scelte si fanno prima all’interno dell’area e poi si discutono con la maggioranza. In una solidarietà di minoranza che credo sia indispensabile perché casi di discriminazioni, in particolare contro la Rete, si sono verificati qua e là nei congressi provinciali, regionali o di categoria”.Ma “la Cgil che vogliamo” ha le carte in regola, insiste Cremaschi, per condurre una battaglia di rilancio della Cgil garantendole un’alternativa alla linea suicida di Guglielmo Epifani. “La Cgil è un’organizzazione in piena crisi e l’ipotesi di inseguire la Cisl e la Uil ha come conseguenza di aderire al neocorporativismo di quei sindacati in intesa con la Confindustria e con Sacconi. In questa ipotesi la Cgil si scioglie ma si scioglie anche se rimane in questo guado perenne. In realtà l’unica possibilità di rinascere per la Cgil è quella di rompere con Cisl e Uil e costruire un’altra dimensione di alleanze – con i comitati di lotta, con la partecipazione democratica, il conflitto – e una piattaforma adeguata alla crisi. In cui si parli di questioni dirompenti: la riduzione dell’orario di lavoro a 35/30 ore, un nuovo piano di nazionalizzazioni, un nuovo intervento pubblico, la capacità di forzare i rapporti di forza, quando se ne danno le opportunità, per aumentare i salari”. In questa ipotesi di rinascita della Cgil però un ruolo centrale ce l’ha la questione democratica.“Il vero collante della seconda mozione, ciò che la qualifica e la può far diventare una prospettiva futura è proprio la questione democratica. Se dovessi scegliere un nome per un’area programmatica sceglierei Democrazia Sindacale, perché sulla ridefinizione delle regole ci giochiamo gran parte della nostra credibilità. Il modello democratico della Cgil non va assolutamente bene, né sul piano interno né per quanto riguarda le grandi consultazioni. E mi spingerei anche a fare una proposta provocatoria: piuttosto che l’attuale sistema occorrerebbero delle primarie per eleggere il segretario generale: primarie con delle regole – un adeguato periodo di “campagna elettorale”, una effettiva “par condicio” il voto solo dove è possibile un controllo democratico – ma primarie. In realtà a Epifani piace vincere facile”.

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