venerdì 25 giugno 2010

Lo sciopero è andato bene ma la piattaforma no


Oggi si è svolto lo sciopero generale nazionale della Cgil. Il primo sciopero generale dopo esattamente 15 mesi dall'ultimo, svoltosi il 12 dicembre del 2008. Per tutto il 2009, l'anno della crisi, l'anno della chiusura delle fabbriche, l'anno degli operai sui tetti a manifestare con modalità di lotta inusuali la loro disperazione di fronte alla gestione padronale della recessione, nessuna scadenza di mobilitazione generale è stata indetta dalla Cgil, il sindacato che ancora si vanta (e a ragione, stando alle cifre, perlomeno ufficiali, del tesseramento) di essere il più grande d'Italia e tra i più grandi del mondo.
Questo nonostante a più riprese la minoranza interna “La CGIL che vogliamo” avesse tentato di mettere ai voti nel direttivo nazionale la proposta di indire uno sciopero generale, in particolare al momento della legge finanziaria, proposte tutte bloccate da Epifani e dai suoi. Durante tutto l'anno passato solo due grandi manifestazioni, ad aprile e a novembre, senza sciopero, come pura testimonianza di esistenza in vita, per rivendicare, peraltro senza convinzione, un tavolo di “concertazione”.
Nel frattempo, appunto, la crisi e l’offensiva padronale trituravano i posti di lavoro, centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori sono stati ridotti a sopravvivere con misere indennità di cassa integrazione, di mobilità o di disoccupazione, quando non sono stati semplicemente gettati sul lastrico.
I redditi da lavoro o da pensione sono stati falcidiati dalle tasse e dall'aumento dei prezzi, mentre gli evasori grandi e piccoli hanno continuato ad essere premiati con condoni e scudi fiscali. La precarietà si è pesantemente aggravata. Molti precari sono stati licenziati e ora lavorano al nero e ancor più sottopagati.
Le migranti e i migranti, con il ricatto della clandestinità, sono costretti ad accettare qualunque sopraffazione. Il razzismo è giunto all’organizzazione di veri e propri pogrom, con la copertura istituzionale, come a Rosarno.
Nel frattempo, lo stato sociale viene distrutto, con i tagli selvaggi alla sanità, alla scuola, con la privatizzazione di tutto ciò che ancora ha una qualche parvenza di pubblico, come l'acqua.
I diritti conquistati in decenni di lotta vengono annullati. Le nuove generazioni vengono messe a confronto con una società nella quale si afferma brutalmente la legge del più forte. La legge approvata pochi giorni fa dal parlamento, nel silenzio generale, mentre i mass media sono tutti concentrati sulle elezioni regionali e sulla contesa sulle liste, punta a vanificare l'articolo 18 della legge 300 e a imporre contratti individuali, sottratti alla competenza della magistratura e alle regole universali dei contratti collettivi.
In un quadro come questo, che ha poco da invidiare alla drammatica situazione greca, ci si sarebbe aspettati una impennata della conflittualità, ma così non è stato. Questo sciopero generale, indetto con modalità discutibili (solo 4 ore di astensione dal lavoro e manifestazioni provinciali), dalle prime notizie sembra comunque aver raccolto risultati importanti di adesione, seppure molto poco omogenei. Anche le cento manifestazioni sono state discretamente affollate, con alcune centinaia di migliaia di partecipanti.
Le lavoratrici e i lavoratori hanno scioperato e partecipato ai cortei proprio per dare voce alla sofferenza sociale. Ma la piattaforma su cui lo sciopero è stato convocato mostra tutte le sue inadeguatezze, incentrata com’è sulla pura estensione degli ammortizzatori sociali, sulla riduzione della pressione fiscale sui salari e sulle pensioni, oltre che sull’importante rivendicazione dell’abolizione del reato di clandestinità per i migranti “irregolari”.
Non una parola sulle responsabilità della Confindustria, sulla complicità di Cisl e Uil con padroni e governo (peraltro riconfermata in modo provocatorio proprio l’altro ieri con la firma di un “avviso comune” senza la Cgil sull’arbitrato).
Epifani ha rifiutato di estendere la piattaforma alla contestazione della legge sull’arbitrato, limitandosi a fare accenni tardivi e in sordina sul tema, comunque molto preso di mira dai cartelli dei manifestanti.
Dopo questo sciopero i problemi restano tutti e intatti. Ma il successo dell’iniziativa dovrebbe consentire di affrontare le prossime necessarie iniziative con più coraggio.

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