sabato 24 marzo 2012

La Cgil all'angolo costretta ad attaccare




Il sindacato di Camusso reagisce alla riforma dell'articolo 18 con lo sciopero generale. Ma nel suo direttivo nazionale non difende più il provvedimento "così com'è" bensì punta al "modello tedesco"

Salvatore Cannavò

Da Il Fatto quotidiano



La Cgil è costretta a salire di nuovo sulle barricate. La determinazione di Monti a modificare strutturalmente l'articolo 18 e ad affossare la concertazione hanno lasciato il sindacato di Susanna Camusso senza sponde. E per il momento a prevalere è il sindacato di lotta. Dal Direttivo nazionale riunito ieri per tutta la giornata vengono fuori ben 16 ore di sciopero, 8 per le assemblee e altre otto in un'unica giornata da decidere in relazione all'iter parlamentare; assemblee ovunque, una petizione per raccogliere milioni di firme, una campagna nazionale a tappeto. La Cgil si mette pancia a terra per raggiungere un solo obiettivo, illustrato da Susanna Camusso: “La riconquista del reintegro”. Perché la riforma “colpisce i lavoratori” e il governo è interessato a inviare un solo messaggio: “In Italia si può licenziare”. Dieci anni fa – la ricorrenza è domani, 23 marzo – lo stesso sindacato portò a Roma, al Circo Massimo, circa tre milioni di persone e il segretario di allora, Sergio Cofferati, bloccò il tentativo del governo Berlusconi – il ministro era Roberto Maroni – di modificare l'articolo 18. Quella riforma era più blanda di quella avanzata da Monti ma oggi la Cgil non sembra avere la forza di allora anche se la rabbia per lo smacco subito è evidente. “Sull'articolo 18, continua Camusso, Monti non ha mai voluto mediare” ma questa riforma “non porterà nemmeno un posto di lavoro in più”. E dunque ci si prepara a una fase di scontro per cercare di rientrare in gioco.



Ma, contestualmente al profilo di lotta, la Cgil ha anche un'anima trattativista e la prospettiva di finire all'angolo in compagnia della sola Fiom – che ieri ha definito “una follia” la cancellazione dell'articolo 18 dicendosi “pronta a tutto” – non piace a molti. Ed ecco che nello stesso direttivo delle 16 ore di sciopero si è sviluppata una accesa discussione sull'obiettivo di questo sciopero. Difendere l'attuale norma dello Statuto dei lavoratori al grido di “l'articolo 18 non si tocca” oppure cambiare le scelte del governo e cercare di attestarsi su una formulazione almeno migliorativa di quella proposta da Monti e Fornero? Nella sua relazione, il segretario confederale Fulvio Fammoni ha proposto la seconda soluzione facendo capire che sarebbe un risultato ottenere anche per il licenziamento economico l'opzione tra reintegro e indennizzo stabilita dal giudice. E il segretario dei Chimici, Alberto Morselli è stato più chiaro: "Serve una proposta della Cgil da portare al tavolo già domani (oggi, ndr). Una proposta che risulterebbe comunque utile anche al confronto parlamentare”. La questione, alla fine, resta quella del delicatissimo rapporto con il Pd. In conferenza stampa Camusso non ha voluto dire nulla sul partito di Bersani: “E' già faticoso dire che cosa facciamo noi, non possiamo caricarci di cosa deve fare il Pd”. In realtà i due soggetti sono intrecciati perché Bersani ha bisogno ancora di un appiglio per cercare di difendere in Parlamento la possibilità di un “miglioramento” della riforma non tanto per convincere Monti ma per convincere il suo stesso partito. Ma su questo punto si è scatenato un fuoco di fila di interventi contrari: la sinistra di Cremaschi e Rinaldini, naturalmente Landini, la Funzione pubblica di Rossana Dettori, la Cgil di Torino, quella emiliana, i Trasporti e in particolare la Scuola con Mimmo Pantaleo.



Alla fine Maurizio Landini e Nicola Nicolosi (della maggioranza) si vedono respingere con 30 voti a favore contro 73 un emendamento che chiede di difendere l'articolo 18 così com'è. Il documento finale viene approvato con 95 voti a favore 13 astenuti e 2 contrari (l'area di Cremaschi) un risultato comunque apprezzato dalla maggioranza che decide di investire su una mobilitazione che “ricostruisca la deterrenza” dell'articolo 18 e quindi provi a riconquistare la reintegra. Potrebbe essere il “modello tedesco” che lascia al giudice la possibilità di scegliere tra indennizzo e reintegro. A lasciare aperta la possibilità di una trattativa ancora da completare è anche la Uil che ha tenuto ieri la sua direzione nazionale lasciando “sospeso” il giudizio sulla riforma in attesa di alcune modifiche. In particolare la possibilità per le rappresentanze sindacali di intervenire sui motivi che stanno alla base dei licenziamenti economici. Non è la possibilità del reintegro che chiede la Cgil ma lascia spazio per una dialettica con il Parlamento. Anche Bonanni dice che il Parlamento “può migliorare” le norme e che “se il Parlamento ci chiede una mano gliela diamo”. Insomma, Cgil e Pd cercheranno di aiutarsi l'un l'altra ma non è detto che riescano a farlo. Per ora non resta che la lotta.

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